giovedì 30 luglio 2020

A che punto è la Casa della salute di Ronciglione?

Casa della salute di Ronciglione l'ingresso

Con un Decreto del commissario ad acta Zingaretti è stata attivata la Casa della salute di Ronciglione in luogo dell’ospedale le cui funzioni sono ormai state dismesse. Il tutto rientra nel piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio che tradotto in pratica significa: rientrare dai debiti tagliando servizi.

La recente uscita dal commissariamento della sanità laziale dovrebbe essere una buona notizia, ma la situazione drammatica in cui essa versa continua a destare non poche preoccupazioni. La conseguenza dei tagli alla sanità e del relativo sbilanciamento nei confronti dei privati sono sotto gli occhi di tutti e a farne le spese sono soprattutto i cittadini.

Gli abitanti di Ronciglione hanno dovuto subire, dopo la chiusura dell’ospedale, lo smantellamento del Punto di Primo Intervento con il depotenziamento del servizio di soccorso-emergenza.

Nessuno, evidentemente, si è posto il problema dei 25-30 minuti che ci vogliono per arrivare al più vicino ospedale, il Belcolle a Viterbo, che, in particolari situazioni di emergenza, come ad esempio in inverno quando non è raro l’innevamento della strada dei Monti Cimini, potrebbero essere troppi. Pare non sia stato nemmeno considerato il fatto che il bacino di utenza può arrivare a 70.000 persone con un notevole incremento nei mesi estivi viste le presenze turistiche sul limitrofo Lago di Vico.

Ho perciò presentato una interrogazione al Presidente Zingaretti per chiedere quale sia la reale operatività della Casa della salute di Ronciglione e quando è prevista la fine dei lavori. Oltre a ciò, vista la situazione emergenziale, causa Covid-19 che tutto il mondo sta vivendo, ho chiesto se non sia il caso di rivedere alcune decisioni prese relativamente alla chiusura del PPI di Ronciglione e anzi di prevedere la riattivazione di tutti i servizi territoriali.

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mercoledì 29 luglio 2020

Gravi responsabilità della Regione Lazio sul completamento della SS 675

Completamento della SS 675 lo svincolo di Monte Roman

Il completamento della SS 675 Orte Civitavecchia subirà ulteriori ritardi.

Di questi possiamo ringraziare certamente anche l’attuale amministrazione regionale guidata da Zingaretti e chi, con lui, ha sempre sostenuto la legittimità del “tracciato verde” (passante per l’incontaminata Valle del Mignone) che è stato appena cassato dall’Europa per contrasto con i principi della “Direttiva Habitat”.

La Corte di Giustizia Europea, con una sentenza storica, ha affermato i principi cardine per la corretta interpretazione delle direttive comunitarie in materia ambientale, sancendo di fatto, nel caso che ci riguarda, l’illegittimità delle procedure autorizzative del progetto preliminare del cosiddetto “tracciato verde.

Gli atti della Regione Lazio

Leggendo gli atti della Regione Lazio, evidentemente favorevole a questo tracciato altamente impattante, si possono agevolmente rinvenire quelli che è possibile definire come dei veri e propri “voli pindarici” per evitare le prescrizioni delle norme comunitarie.

In particolare possiamo analizzare la Relazione Tecnica di Valutazione di Incidenza datata 17 novembre 2016 redatta dalla Direzione Regionale Ambiente e Sistemi Naturali. In questo documento, a fronte di numerosi rilievi, prescrizioni, profonde carenze progettuali dello Studio d’Incidenza di ANAS identificate e dettagliatamente descritte, impatti non mitigabili su ambienti naturali, flora e fauna, rischio totale di scomparsa di habitat prioritari, l’Amministrazione regionale conclude contraddittoriamente e illogicamente con un parere non negativo, ritenendo possibile la prosecuzione delle successive fasi di progettazione e autorizzazione dell’opera di completamento della SS 675.

L’interpretazione della Direttiva 92/43/CEE

Sotto altro profilo, la Corte di Giustizia ha statuito che la “Direttiva Habitat” dev’essere interpretata nel senso che essa, lascia si agli Stati membri il compito di designare l’autorità competente a valutare l’incidenza di un progetto su una Zona Speciale di Conservazione (ZSC) ma non consente che una qualsivoglia autorità prosegua o completi tale valutazione, una volta che quest’ultima sia stata realizzata.

Il riferimento in tal senso è chiaramente alla delibera della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 1 dicembre 2017, nella parte in cui individua la Regione Lazio come soggetto competente a verificare lo Studio d’Incidenza Ambientale allegato al progetto definitivo dell’opera. La Valutazione di Incidenza però era, all’epoca, già conclusa con parere negativo dell’organo competente e cioè il Ministero dell’Ambiente che si era espresso sul progetto preliminare del “tracciato verde”.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea, quindi, ha stabilito che la Regione Lazio non era legittimata a completare o proseguire la valutazione di incidenza dell’opera già espletata dal Ministero dell’Ambiente”.

Sono convinta che dietro questa fantasiosa assegnazione di competenze alla Regione Lazio ci sia una manovra della solita politica, cosa che purtroppo non mi stupisce affatto; tanto poi a farne le spese sono i cittadini vittime dei ritardi che puntualmente, anche questa volta, sono sotto gli occhi di tutti.

martedì 28 luglio 2020

La trasparenza dei siti web della Regione Lazio lascia a desiderare

La trasparenza dei siti web della Regione Lazio mappa della regione con lente sul logo

La trasparenza dei siti web della Regione Lazio lascia a desiderare. Lo afferma il Dipartimento della funzione Pubblica tramite lo strumento Bussola della trasparenza.

Prima che il controllo sull’adempimento degli obblighi di pubblicazione passasse all’Autorità Anticorruzione, il Dipartimento della funzione pubblica ha ideato la Bussola della trasparenza per monitorare gli adempimenti in materia delle pubbliche amministrazioni. Ad oggi sono ancora disponibili i dati dell’ultima rilevazione risalenti a febbraio 2020.

Per la Regione Lazio, pare che la trasparenza non sia importante, almeno stando a quanto si legge sul sito del Dipartimento della funzione pubblica, la Bussola della trasparenza, che riporta dati non propri edificanti per la nostra regione.

Cos’è la Bussola della trasparenza?

Come si legge sul sito, la Bussola della trasparenza è uno strumento on-line automatizzato che dà ai cittadini la possibilità di monitorare l’adempimento, da parte dei siti web delle pubbliche amministrazioni, degli obblighi di trasparenza imposti dalla legge italiana. Ai primi posti della classifica: l’assemblea legislativa delle Marche, il Cisis, il Consiglio regionale del Molise, del Piemonte, dell’Abruzzo che assieme ad altri 12 Enti regionali totalizzano 84/84 sezioni presenti sul sito. Il sito della Regione Lazio lo si trova in fondo alla terza pagina con un 76/84 mentre quello del Consiglio regionale del Lazio addirittura in quarta con un punteggio di appena 59/84.

La trasparenza dei siti web della Regione Lazio tabella bussola trasparenza sito Regione
sito web Regione Lazio 76 sezioni su 84
La trasparenza dei siti web della Regione Lazio tabella bussola trasparenza sito Consiglio
sito web Consiglio regionale Lazio 59 sezioni su 84

(Qualora il sito Bussola della trasparenza fosse messo offline, trovate la pagina con i dati salvata su Web Archive)

Cosa manca?

È interessante notare le voci che sono carenti o mancanti: titolari di incarichi di collaborazione o consulenza, titolari di incarichi dirigenziali (dirigenti non generali), incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti (dirigenti e non dirigenti). Per tutte e tre queste voci, tra gli altri, la legge impone anche che siano resi pubblici i compensi relativi al rapporto di consulenza o connessi, come nel secondo caso, all’assunzione della carica o dell’incarico come nel terzo. Questi dati, secondo lo strumento automatizzato, sono mancanti e non fanno brillare la trasparenza dei siti web della Regione Lazio.

Auspico che l’Autorità Anticorruzione possa trovare pubblicati questi dati alla prossima rilevazione e che la loro mancanza sia solo una svista, anche se, francamente è difficile sostenerlo, visto che la legge sulla trasparenza risale ormai al 2013 (D.Lgs. 33/2013 e succ.). 

Anche questo, io credo, fa parte della risposta sul perché i cittadini siano così sfiduciati nei confronti delle istituzioni e le guardino con sempre più perplessità e sospetto.

lunedì 27 luglio 2020

Le saline di Tarquinia patrimonio naturale ma anche storico e architettonico

Le saline di Tarquinia gli edifici dello stabilimento e una vista sule saline

Le saline di Tarquinia ospitano un habitat salmastro unico con una estensione di ben 170 ettari di cui 100 di ambiente acquatico caratterizzato da alta salinità che ha contribuito alla nascita di un ecosistema particolarissimo.
L’intero impianto, dismesso da decenni, ed il borgo ottocentesco adiacente sono una testimonianza unica sul litorale tirrenico di un metodo storico di estrazione del sale dall’acqua marina. 

L’intera salina ed il borgo sono un patrimonio storico – architettonico e naturale prezioso. L’area ospita infatti macchinari e depositi inerenti l’attività estrattiva del sale che sono un raro esempio di archeologia industriale del genere.
Infatti, il borgo storico fino a fine ‘800 era ricovero per i lavoratori delle saline e oggi rappresenta un’importante memoria della collettività e del tessuto storico e sociale tarquiniese.

Gli edifici, compreso il fabbricato con i macchinari oggi versano in grave stato di abbandono e di degrado. È urgente perciò procedere al loro recupero prima di perdere una parte importante della nostra storia.

Per garantire l’urgente recupero degli edifici e del patrimonio che rappresentano ho presentato in Consiglio regionale un Ordine del giorno, approvato nella seduta del 14 luglio 2020, per chiedere alla Giunta di predisporre un progetto di fattibilità tecnica ed economica finalizzato al recupero e alla valorizzazione del patrimonio archeologico industriale e del borgo storico delle Saline di Tarquinia in armonia con le esigenze della Riserva naturale. Seguirò l’evolversi della cosa sperando in tempi brevi.

venerdì 24 luglio 2020

La sanità del Lazio fuori dal commissariamento… di nuovo!

commissariamento La mappa della regione Lazio esce dalla porta del commissario alla sanità

La sanità del Lazio fuori dal commissariamento… di nuovo! Dopo quello di Zingaretti a gennaio 2020 è di questi giorni l’ennesimo annuncio dell’uscita dal commissariamento della sanità laziale.

Dopo oltre 7 anni di governo della Regione Lazio targato PD durante i quali abbiamo assistito a tagli dei servizi sanitari, riduzione di posti letto, chiusura di presidi ospedalieri, carenze di organico, arriva un altro annuncio sull’uscita dal commissariamento del nostro sistema sanitario che speriamo di poter salutare come una buona notizia per i cittadini laziali.

Purtroppo i risultati delle scelte fatte finora da Zingaretti e dai suoi predecessori in campo sanitario sono sotto gli occhi di tutti. La sanità pubblica è stata depauperata e nella provincia di Viterbo questo ha significato la chiusura di due presidi ospedalieri, quelli di Montefiascone e Ronciglione, il depotenziamento di quelli rimanenti con la chiusura di reparti, ambulatori, pronto soccorso e la contestuale apertura di case della salute, invisibili ai cittadini. Non parliamo poi delle liste di attesa, problema cronico e irrisolto del sistema sanitario regionale, con appuntamenti per le visite fissati anche a distanza di mesi, che costringono cittadini di tutte le età a recarsi in altre regioni per farsi curare in tempi più umani.

Il Rapporto UIL EURES 1/2016

Dal rapporto 1/2016 dell’Osservatorio UIL Roma e Lazio – EURES sulla qualità e la trasparenza del Sistema Sanitario Regionale, apprendiamo che viene stimato in 2,3 miliardi di euro il costo complessivo sostenuto nel 2015 dai cittadini e dalle imprese del Lazio per il risanamento dei conti della sanità.

E ancora leggiamo testualmente: “(…) si assiste ad una flessione significativa del numero di posti letto nelle strutture ospedaliere che passano da 31.163 a 22.033 (-29,3% in valori percentuali), ovvero da 6,1 posti letto ogni 1.000 abitanti nel 2001 a 3,7 nel 2014. Con riferimento al 2015 i dati previsionali di fonte regionale (Decreto del commissario ad acta di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale per il biennio 2014/2015) annunciano un’ulteriore riduzione, con un numero complessivo di posti letto, destinato a scendere a 21.611 unità (-422 posti letto rispetto al 2014 e -8.144 rispetto al 2006)”.

La nostra regione si distingue inoltre per un’elevata incidenza di posti letto in strutture private accreditate che rappresentano ben il 39,4% dell’offerta totale a fronte del 60,6 % di posti letto disponibili presso strutture pubbliche.

Ricostruire la sanità pubblica

Se la notizia dell’uscita dal commissariamento sarà confermata la strada è tutta in salita per il sistema sanitario e per i cittadini del Lazio. C’è da riscostruire una sanità pubblica minima con un’offerta di servizi e di assistenza adeguata ai bisogni dei cittadini che per troppo tempo hanno pagato di tasca loro posizioni dirigenziali e nuove unità operative realizzate ad hoc per soddisfare gli appetiti elettorali. Una strada lunga per ripristinare le fondamenta dei servizi pubblici sanitari la cui necessità ed efficienza si sono rese quanto mai evidenti durante la crisi sanitaria da COVID-19 che stiamo ancora vivendo.

mercoledì 22 luglio 2020

Orte Civitavecchia, tutto da rifare.

orte civitavecchia planimetria con particolare dell'uscita a Monte Romano

Orte Civitavecchia, tutto da rifare. Ci pensa la Corte di Giustizia Europea a cassare lo scellerato “tracciato verde”, che di verde aveva ben poco, passante per la Valle del Mignone, adottato in palese contrasto con la normativa comunitaria in materia ambientale.

La recente sentenza della Corte di Giustizia Europea afferma nello specifico che i progetti altamente pregiudizievoli dell’integrità di una Zona a Protezione Speciale (ZPS), qual è l’area della Valle del Mignone interessata dal cosiddetto “tracciato verde”, pur se giustificati da interesse pubblico economico, possono essere autorizzati solo in casi eccezionali e se sono realmente inevitabili.
In altre parole ciò significa che in presenza di una alternativa, che nel nostro caso è rappresentata dal “tracciato viola”, tali progetti non possono essere autorizzati come invece è avvenuto.

Cosa farà il TAR del Lazio?

Il TAR del Lazio, dunque, nel confermare la sussistenza dell’alternativo “tracciato viola”, dovrà conformarsi al suddetto pronunciamento della Corte Europea e statuire conseguentemente l’illegittimità dei provvedimenti autorizzativi impugnati.

È un pesante schiaffo dell’Europa alle scelte fatte nel 2017 dal governo a guida PD-Renzi. Chiamata in causa dal TAR del Lazio essa ribadisce semplicemente gli obblighi del nostro paese al rispetto delle Direttive Comunitarie Habitat (92/43/CEE) e Uccelli (2009/147/CEE).

I provvedimenti autorizzativi del “tracciato verde” dovrebbero essere dichiarati illegittimi anche nella parte in cui, in contrasto con quanto stabilito a livello comunitario dalla Direttiva Habitat, è stato demandato alla Regione Lazio (autorità, peraltro, sprovvista della necessaria competenza) il compito di verificare lo studio d’incidenza ambientale allegato al progetto definitivo.

Le responsabilità della Regione Lazio

La Regione Lazio ha sbagliato tutto dando il proprio consenso con DGR 112/2017 al “tracciato verde” passante per la Valle del Mignone senza curarsi delle Direttive Europee non si sa se per ignoranza o per scelta deliberata (e in ognuno dei due casi non c’è di che rallegrarsi purtroppo). A mio giudizio si è trattato di un atto meramente politico per non opporsi all’allora Governo Renzi. Un parere che non ha considerato i pesanti impatti ambientali su ZSC e ZPS della Rete Natura 2000 . La Commissione Tecnica di Valutazione Impatto Ambientale (CTVIA) del Ministero dell’ambiente invece, ne ha tenuto conto tanto da esprimersi negativamente sul progetto preliminare.

Quest’ultimo, pagato ad ANAS circa 2 milioni di euro di fondi pubblici, presenta evidenti errori tecnici per gli aspetti sia idrogeologici sia ambientali ed è stato fortemente sostenuto dalla politica tutta a partire dal PD regionale.
Purtroppo tutto questo, ad oggi, si è tramutato in tanto, troppo tempo perso a rincorrere un tracciato sbagliato fin dall’inizio, che rallenterà ulteriormente il completamento di un’opera indispensabile ai trasporti del centro Italia e dell’Europa.

Salva la Valle del Mignone

Rimane ancora un nodo da affrontare in tempi celeri. C’è ancora cioè da mettere in sicurezza Monte Romano con il superamento del centro abitato fin troppo penalizzato dal traffico pesante in transito sull’Aurelia bis.

Sono veramente soddisfatta che la Valle del Mignone, una porzione di territorio unica nel Lazio per scarsa antropizzazione e presenza di habitat, flora e fauna preziosi, sia salva. Questo grazie alla sostanziale bocciatura del cosiddetto “tracciato verde” della Orte Civitavecchia da parte della Corte di Giustizia Europa.
Il mio ringraziamento va inoltre alle tante associazioni ambientaliste e ai comitati di cittadini che col loro ricorso hanno evitato la devastazione della Valle.

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martedì 14 luglio 2020

Fiume Mignone: si parta con gli interventi di manutenzione

fiume mignone la cascata

Il fiume Mignone a fine 2019 è nuovamente esondato come sanno bene gli abitanti e in particolar modo gli agricoltori locali.
È necessario quindi impiegare risorse sia per interventi straordinari che per la manutenzione ordinaria.

Mettere in sicurezza il territorio è una priorità per il nostro paese e quindi per la politica, che, troppo spesso però, dimentica la manutenzione per concentrarsi sulla realizzazione di costose, ma certamente mediaticamente più spendibili, grandi opere pubbliche.

Il fiume Mignone è un esempio in tal senso: la regione Lazio ha emanato nel 2015 e nel 2017 alcune determinazioni con le quali autorizzava la spesa per messa in sicurezza e lavori urgenti di ripristino degli argini. Ad oggi questi lavori non sono ancora iniziati e il fiume Mignone è esondato nuovamente a fine 2019.

La natura non aspetta i tempi degli esseri umani e della politica. Nel caso del fiume Mignone,  sono necessari interventi straordinari oltre che una programmazione puntuale e costante della manutenzione ordinaria per evitare danni come quelli occorsi a fine anno scorso.

Ho presentato perciò un Ordine del Giorno che è stato approvato in data 14 luglio 2020”, affinché la Giunta stanzi adeguate risorse economiche per la tutela delle zone agricole dai danni derivati dall’esondazione. Inoltre nel documento approvato chiedo che venga istituito un tavolo tecnico per la programmazione puntuale degli interventi di messa in sicurezza degli argini, della rete idrica e delle aree agricole circostanti il fiume Mignone.

Si passi ora velocemente ai fatti.

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lunedì 6 luglio 2020

Sia riconosciuta la fibromialgia e sostenuto chi ne è colpito

fibromialgia Donna di spalle con dolore alla spalla

La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore muscolo scheletrico cronico oltre a disturbi del sonno, disfunzioni cognitive, affaticamento, e alterazioni umorali che possono compromettere la qualità della vita di chi ne è affetto. Colpisce circa 2,5 milioni di italiani, in prevalenza le donne senza fare particolari distinzioni d’età.

Per quel che riguarda le cause dell’insorgere della malattia molte sono note ma molte altre restando ancora da definire. Quel che si sa per certo è che la fibromialgia determina una prevalenza di dolori del sistema muscolo scheletrico e che il paziente ha una storia clinica di dolore cronico su tutto il corpo: cefalea, fatica cronica, colon irritabile e altri.

La fibromialgia negli altri paesi

La fibromialgia è una malattia a tutti gli effetti nei sistemi sanitari di molti paesi, l’OMS l’ha riconosciuta come tale nel 1992 come anche gran parte dei paesi europei tra i quali, però, il nostro paese non figura. Nella UE sono 14 milioni le persone che soffrono della sindrome fibromialgica e nel 2008 il Parlamento europeo auspicava una strategia comune a tutti i paesi membri onde agevolarne diagnosi e trattamento.
Purtroppo nonostante i passi avanti della scienza, ad oggi, nessun farmaco ha ottenuto l’autorizzazione quale rimedio per tale malattia anche a causa delle controversie scientifiche che ancora sussistono fra medici.

Ormai esistono criteri consolidati per definire la severità della malattia e l’educazione sia del personale sanitario che dei pazienti può determinare una migliore gestione delle risorse disponibili e minori spese per quei pazienti sottoposti a terapie non efficienti. Altra cosa di non poco conto, i lavoratori affetti da tale patologia devono poter usufruire di permessi di astensione dal lavoro oltre che essere dispensati dal pagamento dei ticket per esami e/o farmaci.

La mozione

Ho presentato perciò una mozione al presidente della Regione e alla Giunta chiedendo di istituire un tavolo tecnico-politico per creare centri specializzati nella diagnosi e nel trattamento, dare l’avvio e ad assicurare sul territorio regionale cura e continuità terapeutica ai pazienti oltre a sviluppare un percorso clinico-gestionale attraverso l’interconnessione delle reti reumatologiche e di terapia del dolore.

La mozione è stata approvata all’unanimità nella seduta del Consiglio del 25 giugno scorso con una riformulazione che amplia quanto da me proposto, ma che in sostanza ne recepisce in toto il contenuto.

Nel documento, inoltre, auspico che la Regione si attivi presso la Conferenza delle Regioni e la conferenza Stato-Regioni affinché la fibromialgia venga riconosciuta come malattia a tutti gli effetti, venga inserita tra i Livelli Essenziali di Assistenza (L.E.A.) e i molti cittadini affetti da questa patologia possano avere il sostegno che è loro necessario.

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