mercoledì 25 settembre 2019

Una proposta di legge sulla vendita di prodotti sfusi e alla spina



Una delle sfide importanti che ci aspettano come esseri umani è quella della gestione e progressiva riduzione dei nostri rifiuti che, come drammaticamente e ciclicamente i media portano alla nostra attenzione, sono ormai un problema conclamato e globale. È chiaro quindi che questa sfida va affrontata su più piani: sicuramente su quello dell’educazione e della sensibilizzazione, ma anche, da parte delle istituzioni, con precise indicazioni che abbiano come scopo la drastica riduzione della produzione di rifiuti stessi.
In particolare gli imballaggi ed il packaging per la vendita contribuiscono in maniera pesante alla produzione di rifiuti che, se non adeguatamente riutilizzati o riciclati, perdurano nell'ambiente anche per secoli.

Ho presentato in questi giorni una proposta di legge regionale a mia prima firma che ha come scopo la riduzione dei rifiuti incentivando la diffusione e la vendita di prodotti sfusi o alla spina. Così come definiti nella proposta di legge, per “prodotti sfusi si intendono i prodotti, alimentari e non alimentari, la cui vendita in modalità sfusa o alla spina è espressamente prevista dalla rispettiva normativa di settore”.
I vantaggi per gli utenti finali sono evidenti e riguardano la riduzione dei costi che contribuiscono al prezzo finale di un prodotto come il packaging, per l’appunto, e la pubblicità ed inoltre la possibilità di acquistare a peso i quantitativi desiderati.

Come viene anche spiegato nella relazione introduttiva al testo vero e proprio la domanda principale che i cittadini si fanno su questa tipologia di vendita riguarda prevalentemente la qualità dei prodotti che trovano nei dispenser. Proprio per rispondere a tale esigenza la proposta comprende l’obbligo per i negozi di fornire adeguate informazioni sui prodotti messi in vendita, controlli da parte delle ASL in coordinazione con l’autorità giudiziaria e le relative sanzioni in caso di inadempienza.

Vengono inoltre previsti interventi da parte della Regione atti ad incentivare la diffusione di queste tipologie di vendita, l’informazione sui benefici e vantaggi in termini di denaro risparmiato e di sostenibilità ambientale. Oltre a ciò la Regione Lazio potrà concedere contributi ed agevolazioni sia a piccoli esercizi commerciali che alle attività della grande distribuzione secondo un programma annuale degli interventi previo parere della competente commissione consiliare. Un regolamento definirà i criteri e i requisiti per l’inserimento di esercizi commerciali e della grande distribuzione in un registro regionale appositamente istituito, per l’erogazione dei contributi e delle eventuali agevolazioni fiscali e le modalità di restituzione degli stessi qualora si incorresse nelle sanzioni previste dalla proposta di legge.

La Giunta inoltre periodicamente dovrà presentare una relazione per verificare lo stato di attuazione della legge, la tipologia degli investimenti attivati, la quantità di prodotti venduti come pure la quantità di imballaggi, per così dire, “risparmiata” oltre alle eventuali criticità che si dovessero presentare.

Sono certa che questa proposta non potrà che incontrare il plauso e l’approvazione di tutti coloro che hanno a cuore il nostro ambiente e le tasche dei cittadini. Di certo non possiamo pensare di risolvere solo così il problema dei rifiuti perché educazione, conoscenza, riciclo e riuso, oltre che ovviamente diminuzione di scarti e rifiuti, dovranno essere il leitmotiv dell’immediato futuro.

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venerdì 20 settembre 2019

Fondi UE 2021-2027: chiesta audizione



Oggi parliamo di fondi europei; argomento difficile ma molto importante perché il settennato 2014-2020 sta giungendo al termine e si approssima la nuova programmazione per quello successivo che andrà dal 2021 al 2027.

Come ho avuto modo di spiegare in precedenza in un altro articolo sull’argomento, la situazione per l’Italia in generale e per il Lazio in particolare non è delle più rosee. Riassumendo brevemente: La UE tra fondi comunitari, nazionali e privati prevede investimenti per la coesione pari a circa 638 miliardi di euro. L’Italia, dati di fine giugno 2018, spende il 9,3% del totale messo a disposizione e per quanto riguarda i Fondi Sociali Europei (FSE) e i Fondi Europei di Sviluppo Regionale (FESR) il Lazio spende rispettivamente il 14% e il 15,4% delle risorse messe a disposizione. Per quanto riguarda invece il Fondo Europeo di Sviluppo Agricolo (FEASR) su 822 milioni di euro a disposizione, i pagamenti effettuati ammontano a circa il 25% del totale. (qui la Relazione informativa UE della Giunta regionale).

Fatta questa breve premessa ho chiesto la convocazione della II Commissione “Affari europei e internazionali, cooperazione tra i popoli”, della quale sono membro, e in particolare che la Presidenza convochi in audizione gli uffici istituzionali competenti in materia e più in particolare:
La sig.ra Speranzina De Matteo Dirigente dell’area Affari europei e ufficio Europa e Paolo Iannini direttore regionale della programmazione economica;
Il Dott. Giuseppe Blasi Capo del Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale e il Dott. Felice Assenza Direttore generale delle politiche internazionali e dell'Unione europee, entrambi del Ministero per le politiche agricole.

Visto l’approssimarsi del nuovo settennato e la nuova programmazione dei fondi in corso di negoziazione sarebbe opportuno che anche la Regione Lazio si muovesse per tempo al fine di adottare tutti i provvedimenti necessari per meglio spendere quanto l’Europa mette a disposizione innalzando quindi la percentuale dei fondi effettivamente impiegati.
Sono particolarmente interessata, inoltre, a ben comprendere quali siano le eventuali criticità della nuova Politica Agricola Comune (PAC) visti anche i numerosi pareri negativi da parte di istituzioni regionali e nazionali dei quali sono venuta a conoscenza, ultimo dei quali il “Manifesto per una Politica agricola comune più giusta e sostenibile”, firmato qualche giorno fa a Rennes.


giovedì 19 settembre 2019

La regione istituisca il monumento naturale dell’oasi di Vulci



Ho presentato una mozione all'inizio del mese di luglio 2019 affinché la regione Lazio istituisca il monumento naturale dell’oasi di Vulci così come previsto dalla Legge regionale 29/1997. I monumenti naturali così come definiti nella suddetta norma sono: “habitat o ambienti omogenei, esemplari vetusti di piante, formazioni geologiche, geositi e affioramenti fossiliferi, che presentino caratteristiche di rilevante interesse naturalistico e/o scientifico”.

L’area di Vulci che comprende la Riserva regionale naturale di Montauto in Toscana e il Parco archeologico naturalistico di Vulci nel Lazio è una zona di eccezionale valore storico e naturalistico ed è fra i siti tutelati dalla Direttiva Habitat (92/43/CEE). Fa parte inoltre di Natura 2000 (sistema fluviale Fiora-Olpeta codice IT6010017) che è una rete creata dalla UE che raggruppa Siti di Interesse Comunitario (SIT) e Zone di Protezione Speciale (ZPS) mirante alla conservazione e protezione di ambienti e specie definiti prioritari dall’Unione Europea stessa.

L’oasi faunistica che venne istituita nel 1982 e gestita fino agli inizi del 2000 dal WWF, che vi ha svolto attività di conservazione, monitoraggio ed educazione ambientale, è ora abbandonata e lasciata a sé stessa. Nel 2004 con Deliberazione della Giunta Regionale (1317 del 2004 punto 10) viene approvata l’istituzione del Monumento Naturale di Vulci insistente nei comuni di Canino e Montalto di Castro che però è rimasta lettera morta in quanto all’approvazione del documento non è mai seguita l’istituzione vera e propria.

A tale proposito si è mossa anche la LIPU che ha inviato una comunicazione alla Regione Lazio chiedendo di completare l’iter per giungere all’istituzione dell’area protetta ai sensi della normativa vigente. Mi auguro che l'iter si completi velocemente.

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martedì 17 settembre 2019

Proteggiamo l'orso marsicano!


Ho presentato a inizio luglio una mozione inerente i calendari venatori e la protezione dell’orso bruno marsicano che vive in prevalenza nel Parco Nazionale d’Abruzzo interessante le regioni Abruzzo, Molise e Lazio.
Fermo restando che per la sottoscritta la caccia è una pratica barbara e indegna di un paese civile, fintanto che essa sarà tutelata dalla legge, coloro che la praticano potranno continuare ad ammazzare animali solo attenendosi scrupolosamente alle norme in materia e a rigorosi calendari venatori.

Una delle specie a forte rischio di estinzione è l’orso bruno marsicano simbolo del parco nazionale d’Abruzzo e tipico dell’Italia centrale; ne esistono, secondo alcune stime, ancora circa una cinquantina di esemplari.
La Direttiva Habitat (92/43/CEE) garantisce la rigorosa tutela dell’oro marsicano vietando al contempo la distruzione dei suoi siti di riproduzione, delle sue aree di riposo come quelle di molte altre specie elencate nel suddetto documento. La regione Lazio ha aderito al Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano (PATOM) fin dalla sua costituzione e si è impegnata a istituire una forma di salvaguardia adeguata nella zona dei Monti Ernici senza peraltro realizzarla ed è proprio per questo che, tempo fa, ho presentato in tal senso una proposta di legge per l’ampliamento del Parco regionale dei Monti Simbruini.
Il Presidente della Regione ogni anno in occasione della stagione venatoria, con un decreto, emana misure speciali a protezione dell’orso marsicano. Nel corso degli anni questi decreti però sono stati in parte adottati in violazione della legge così come sentenziato dal TAR e dal Consiglio di Stato sempre con la stessa motivazione: mancata sottoposizione del decreto al parere dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e il fatto che vi sia prevista la possibilità di cacciare nelle aziende turistico e faunistico venatorie per i non residenti.

Ultima in termini temporali l’ordinanza 6094/2018 del Consiglio di Stato del 14 dicembre 2018, rilevando quanto sopra, ha sospeso l’esecutività del decreto del Presidente della Regione Lazio del 27 settembre 2018, n. T00220 ma ha altresì sottolineato che: “sul piano della comparazione tra gli opposti interessi in gioco, (…) l’interesse pubblico, consistente nella speciale esigenza di proteggere l’habitat di una specie protetta, come l’orso bruno marsicano, in zone limitrofe al Parco Nazionale di Abruzzo, deve ritenersi senza dubbio prevalente sulla pretesa regionale di garantire più spazi e più occasioni di prelievo alla comunità di cacciatori nell’esercizio dell’attività venatoria, come si è già rilevato nel decreto presidenziale n. 5564 del 22 novembre 2018;”.

Ad oggi, con il calendario venatorio 2019 pubblicato il 11 settembre 2019 (anche se in ritardo in quanto secondo l’art. 18 comma 4 della L.157/1992 il calendario e il regolamento  andrebbero pubblicati “entro e non oltre il 15 giugno”) sembra che la Regione abbia per lo meno acquisito il parere preventivo dell’ISPRA (1330 T-A1B del 14 gennaio 2019) come prevede la Legge e si sia adeguata a quanto previsto dalle Ordinanze del Consiglio di Stato accogliendo, in pratica, quanto richiesto nella mozione presentata. Analizzerò comunque il documento prodotto per valutarne la bontà e la coerenza con la normativa nazionale e le ordinanze del Consiglio di Stato. Vi terrò aggiornati.

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