venerdì 7 agosto 2020

Talete, commissariamenti e poteri sostitutivi: che dice la Regione?

poteri sostitutivi il logo della regione affonda nell'acqua

A seguito della votazione in Giunta regionale delle delibere per l’applicazione dei poteri sostitutivi ai sensi del D.Lgs 156/2006 nei confronti dei comuni che si rifiutavano di entrare in Talete S.p.A., assieme agli altri consiglieri, ho presentato una interrogazione in tal senso.

La nostra interrogazione

Brevemente, nell’interrogazione suddetta chiedevamo se ci fosse l’intenzione di applicare la L.R. 5/2014 nonostante la delibera per l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui sopra e se si ritenesse sempre prioritario continuare a perseguire il processo di governance del Servizio Idrico Integrato (S.S.I.) nonostante in Parlamento sia in discussione la Proposta di Legge 52/2018 sull’acqua pubblica. Inoltre si domandava se vi fosse l’intenzione di esercitare i poteri sostitutivi nei confronti della Talete S.p.A. evidentemente incapace o inidonea ad assolvere alle prerogative di sua competenza per quanto riguarda il problema dell’arsenico sul territorio viterbese ed infine quali fossero le azioni che si intendeva porre in essere per risolvere la problematica della contaminazione da arsenico delle acque destinate ad uso umano anche alla luce della procedura di infrazione UE 2014/2125.

La risposta

La risposta arrivata è in questi giorni:

sostanzialmente vi si afferma che sono state sospese le DGR e relative integrazioni sull’individuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali di Bacino Idrografico confermando l’attuale assetto organizzativo del S.I.I. in cinque ATO fino alla loro naturale scadenza. È stato inoltre formato un gruppo di lavoro interno per predisporre una proposta di legge per il riordino del S.I.I. e successivamente il Comitato Tecnico Scientifico mentre il comitato di consultazione istituzionale è ancora in itinere.

Per quanto attiene la procedura di infrazione di cui sopra la Regione precisa che nel 2016 sono stati realizzati impianti di potabilizzazione che sono gestiti da Talete S.p.A. e dai Comuni che non hanno ancora trasferito a quest’ultima i loro impianti. Sulla base dei dati ASL di Viterbo del marzo 2019 risultano essere 10 i comuni non in regola con i limiti di arsenico nell’acqua potabile: 8 non aderenti a Talete S.p.A. e 2 gestiti da quest’ultima. La Regione ha finanziato gli impianti di potabilizzazione poi trasferiti nella loro gestione ai Comuni non aderenti a Talete S.p.A.. Si evince perciò, sempre secondo la Regione, che siccome gli impianti sono tutti funzionanti, le criticità riscontrate afferiscono solamente a problematiche gestionali in capo agli stessi enti locali.

La sentenza del TAR

Per completezza di informazione ricordo che allo stato attuale, Talete, come tutti sanno, naviga in cattive acque ed è chiaro che si spinga per l’adesione di più comuni possibili al fine di spalmare i debiti altissimi sul maggior numero possibile di soci. La ritengo una politica poco corretta e fallimentare. La Regione continua sulla strada del commissariamento invece di applicare la L.R. 5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” attualmente in vigore e nonostante il TAR, in una recente sentenza, abbia annullato le delibere di commissariamento per 7 comuni della provincia di Viterbo contestandone tempistiche e metodo.

Allegati:

Acque del Lago di Vico: risposta a metà della Regione

acque del Lago di Vico la riva del lago e il simbolo di non potabilità

La risposta della Regione Lazio alla nostra interrogazione sulla qualità delle acque del Lago di Vico.

A Inizio giugno ho presentato una interrogazione in merito all’insufficiente qualità delle acque del Lago di Vico anche a seguito di un esposto dell’ISDE di Viterbo e della richiesta di informazioni da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Le domande

In sintesi chiedevo al competente assessore e al presidente della Giunta se fossero a conoscenza della grave situazione di degrado delle acque del Lago di Vico come fornitore di acqua potabile e dell’inadeguatezza dei sistemi di potabilizzazione dei comuni di Caprarola e Ronciglione. Oltre a questo domandavo quali misure fossero state adottate d’urgenza per il risanamento dell’ecosistema del Lago di Vico e della tutela della salute delle persone.

La risposta

È arrivata la risposta da parte dell’assessorato lavori pubblici e mobilità nella quale si fa presente che nell’ambito dell’attività commissariale per l’emergenza arsenico nel Lazio erano previsti 3 impianti di potabilizzazione: Caprarola (consegnato nel 2016), Cavaliere e Sanzio successivamente stralciati in quanto sostituibili con un impianto presso il Lago di Vico. Un altro impianto è stato inoltre realizzato a Caprarola, denominato Pozzo S.Lucia.

In sintesi secondo l’ente regionale, quei comuni che non hanno ancora conferito opere reti e impianti alla Talete S.p.A. hanno usufruito di finanziamenti regionali per gli impianti di cui sopra e sono quindi responsabili, nella persona del Sindaco, per la gestione del servizio idrico integrato.

Nonostante la recente sentenza del TAR che ha dato ragione ai comuni che hanno ricorso contro il commissariamento, la Regione Lazio imperterrita continua per questa strada annunciando appello e persiste nel non voler applicare, nei fatti, la L.R. 5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”.

Un risposta a metà

Infine come si può leggere, si è “abilmente” glissato sulla seconda parte dell’interrogazione.

Non si fa cenno alcuno sul cosa si vuole fare (e se si è già fatto qualcosa) in merito alla presenza nell’acqua di cianobatteri così come evidenziato delle analisi effettuate nel 2018 e 2019 dall’ASL di Viterbo (risultati ASL prot. 6433 e prot. 6435) che ha confermato quanto scritto già nel 2009 e cioè che l’acqua del lago non è completamente sicura per l’uso umano.

Allegati:

mercoledì 5 agosto 2020

Assunzioni dirigenti: Il Consiglio di Stato ci dà ragione

Il consiglio di stato ci dà ragione mappa del Lazio con dietro il martello del giudice

Il Consiglio di Stato ci dà ragione e respinge gli appelli della Regione Lazio proposti avverso alcune sentenze del TAR.

Il Tribunale Amministrativo aveva statuito, in estrema sintesi, l’illegittimità di alcune nomine dirigenziali e delle modalità con le quali queste erano avvenute nella scorsa consiliatura.
Come gruppo consiliare, avevamo proposto un ricorso (unitamente a quello di altri soggetti) presso le opportune sedi in merito all’assunzione esterna da parte della Regione di dirigenti apicali e di seconda fascia durante la scorsa consiliatura. Siamo, dopo molti anni, giunti a mettere la parola fine di questa questione grazie al Consiglio di Stato che sostanzialmente ha accolto quanto da noi rilevato all’epoca.

Nella sostanza le questioni sollevate riguardavano gli atti con i quali la Regione ha approvato gli avvisi di ricerca di personale esterno per l’affidamento di incarichi di Direzione di aree o Uffici dirigenziali e i relativi provvedimenti di affidamento di tali incarichi.

Le irregolarità riscontrate

Più nel dettaglio si contestava:

  • il calcolo del numero di incarichi attribuiti all’esterno;
  • l’accertamento del possesso dei requisiti richiesti in capo a soggetti già appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione che sarebbe dovuto avvenire anche tra i funzionari direttivi di seconda fascia;
  • in ultimo la mancata adozione del Piano triennale del fabbisogno del personale.

Il Consiglio di Stato ci dà ragione e ha quindi statuito che i 6 incarichi apicali e i 42 dirigenti assunti erano troppi e quindi in contrasto con quanto stabilito dalla Legge.

Inoltre, ha stabilito che è illegittimo il conferimento di incarichi dirigenziali in assenza della propedeutica programmazione triennale. Tale illegittimità è connessa alla circostanza che gli incarichi dirigenziali sono stati conferiti dopo una indagine interna volta alla valutazione delle professionalità esistenti, limitata però ai ruoli dirigenziali e non anche ai funzionari direttivi di seconda fascia.

Assunzioni e consulenze mancano sui siti della Regione Lazio

Sono soddisfatta anche perché proprio recentemente ho segnalato come i siti web della regione Lazio non brillino in trasparenza sottolineando che, secondo il Dipartimento della funzione pubblica, siano mancanti proprio le sezioni riguardanti le consulenze, gli incarichi dirigenziali e quelli ai dipendenti con relativi compensi che dovrebbero invece essere pubblici (rilevazioni di febbraio 2020).

È ora che ci si renda conto che essere alla guida di una istituzione non vuol dire essere sopra di essa e che, soprattutto, nessuno è al di sopra della legge.