lunedì 24 febbraio 2020

Per la Regione le faggete depresse stanno sotto i 300 m.s.l.m.






Gli studi scientifici situano le faggete ad una quota che, di solito, è superiore ai 1000 m.s.l.m. nell’Italia peninsulare. Come tutti sanno, evidentemente a parte la Regione, nel Lazio questa quota scende in alcuni rari casi dando luogo alle cosiddette faggete depresse site a quote inferiori agli 800 m.s.l.m.

Ora, affermare che le faggete depresse nel Lazio stiano sotto i 300 m.s.l.m. è una follia antiscientifica: purtroppo è stato approvato una modifica all’art. 34 bis delle norme in materia di gestione delle risorse forestali (L.R. 39/2002) che modifica la definizione di faggete depresse ponendole proprio ad un altitudine inferiore i 300 m.s.l.m.
Questa modifica vanifica di fatto l’obiettivo di sottrarre alle utilizzazioni forestali tali ecosistemi esponendo al taglio faggete come quelle circostanti il Lago di Vico.

Sono perciò a rischio tutte le faggete in provincia di Viterbo che trovandosi sotto gli 800 m.s.l.m., prima della modifica, erano tutelate in maniera particolare e soprattutto ne era vietato il taglio come recita il comma 3 dell’art. 34 bis della suddetta L.R. 39/2002: “Per le faggete depresse (…) sono vietate le utilizzazioni per finalità produttive fatto salvo i tagli necessari per la conservazione della faggeta o per motivi di pubblica incolumità”.

Ora tutto questo è stato spazzato via dagli stessi che, da una parte, spendono 12 milioni di euro in tre anni per piantare alberi con il progetto Ossigeno, dall’altra, promuovono di fatto, il taglio di ecosistemi esistenti che sono importanti serbatoi di C02 a testimonianza di una grande resilienza a quei cambiamenti climatici che mai come ora sono così evidenti a tutti.