A proposito della riconversione del PPI (Punto
di Primo Intervento) di Montefiascone e Ronciglione facciamo subito chiarezza
per dissipare ogni dubbio: ogni decisione va imputata all’attuale Commissario
della Sanità del Lazio Nicola Zingaretti, che, per il ruolo che ricopre, ha
pieni poteri sull’organizzazione dei servizi sanitari, sulle nomine dei direttori,
sulle assunzioni di personale e sulle gare del CUP.
Detto questo è facile comprendere come anche i
direttori generali diventano meri esecutori di una politica dei tagli che fa
tutto in funzione del rientro dal disavanzo sanitario.
La regione Lazio è infatti commissariata per
gli abnormi debiti contratti nel settore della sanità dai quali
inspiegabilmente sembra che i vari presidenti di regione compreso quello
attuale non riescano o non vogliano rientrare. In questa situazione è doveroso
ricordare che la regione perde una parte del fondo sanitario nazionale che va a
incidere inesorabilmente sulle risorse per i servizi fondamentali che
dovrebbero venire erogati ai cittadini.
Il Governo ha recentemente emanato all'interno del Decreto fiscale (Decreto Legge 119/2018 convertito con modificazioni dalla
L. 136 del 17.12.2018 pubblicato in G.U. Serie
Generale 293 del 18.12.2018), una norma che vieta ai presidenti
delle regioni di essere anche commissari della sanità (art.25 septies commi 2 e
3). A questa norma, guarda un po’, si
stanno opponendo proprio Nicola Zingaretti e Vincenzo De Luca cioè i presidenti
delle 2 regioni maggiormente indebitate a livello di sanità che vogliono rimandare
la decisione in Conferenza Stato Regioni.
Zingaretti ha fatto del rientro dal
commissariamento della Regione Lazio un vero e proprio cavallo di battaglia nella
sua recente campagna elettorale promettendolo entro il 31 dicembre 2018. Siamo
a gennaio 2019, Zingaretti è ancora commissario straordinario, nulla è cambiato
e anzi, pare, molto è peggiorato tanto che in provincia di Viterbo ci troviamo
con una sanità depotenziata e ridotta ai minimi termini.
Nel viterbese manca l’assistenza sanitaria di
base e questo è evidente dagli accessi impropri ai pronto soccorso cioè i
codici bianco e verde, che rappresentano circa il 70% degli accessi nei PS dell’ospedale
Belcolle a Viterbo, a Tarquinia, a Civita Castellana e Acquapendente per l’anno
2016 (fonte piano
strategico ASL VT 2017/2019). Le liste di attesa per le visite
specialistiche sono una criticità mai risolta ed affrontata, solo per citare un
esempio. Di fatto questa situazione porta a una separazione dei cittadini in pazienti
di serie A e di serie B; cioè porta a una distinzione tra chi può permettersi
di pagare una prestazione privata e chi no e deve attendere periodi anche molto
lunghi per una diagnosi.
I dati della ASL di Viterbo, dipingono una
situazione al collasso soprattutto per quanto attiene le liste di attesa per
prestazioni sanitarie inerenti alcune specialità quali chirurgia vascolare
(> 6 mesi), neurologia E.M.G. (> 5 mesi), gastroenterologia (> 1
anno), Radiologia (> 1 anno), tanto per citarne alcune (Vedi a pagina 29 del
piano strategico ASL VT 2017/2019).
Ciò che manca quindi è la rete di assistenza
territoriale e la presa in carico del paziente da parte della medicina di base
che preferisce spedire i propri pazienti verso esami diagnostici costosi e
ripetuti. Il paziente diventa così la vera fonte di reddito e sostentamento del
servizio sanitario pubblico e privato mentre compie la sua via crucis che lo
porta nelle braccia degli specialisti a pagamento (sempre se può permetterselo).
In tutto questo il modello territoriale dei Servizi
sanitari è di fondamentale importanza; la realtà ci parla di una mole di atti
amministrativi pieni di nobili dichiarazioni di intenti che nella pratica si
traducono in contenitori vuoti come le Case della salute inventate da Zingaretti,
che però sono praticamente invisibili ai cittadini che manco sanno della loro
esistenza e dei servizi che offrono.
Le case della salute, come si può desumere
dagli atti aziendali, sono caratterizzate principalmente da funzioni quali medicina
di base, assistenza specialistica ambulatoriale, ambulatorio infermieristico,
diagnostica strumentale di primo livello, la cui fruibilità di poche ore al
giorno è correlata agli accessi impropri ai Pronto Soccorso.
In questo scenario che si potrebbe definire
apocalittico, che si fa? Si smantellano i Punti di Primo Intervento di
Ronciglione e Montefiascone e si vuole far credere che questo sia un diktat del
Governo e non una precisa decisione del Commissario Zingaretti che vuole il risparmio
a tutti i costi. Si eliminano cioè due punti di primo intervento senza
considerare variabili importanti nella provincia come l’orografia del territorio,
la demografia e la densità della popolazione ivi insistente.
In assenza di una appropriata rete
territoriale lo scenario che si prospetta non è di certo roseo e potrebbe
vedere il Pronto Soccorso dell’ospedale Belcolle al collasso per l’elevato
numero di accessi di pazienti costretti a spostarsi in macchina per raggiungere
il presidio sanitario.
Tutto questo, lasciatemelo dire, per rientrare
a tutti i costi da un debito che non hanno contratto i cittadini ma le
politiche scellerate dei partiti con decenni di nomine dirigenziali inutili,
appalti e convezioni con privati costosissime, creazioni di posizioni
organizzative superflue ed esose.
Intanto Zingaretti beatamente, forte di questi
“successi” e di un pubblico di tifosi che lungi dal guardare la realtà dei
fatti lo continua a sostenere, corre per diventare Segretario del Partito
democratico lasciando dietro a sé cittadini incolpevoli vittime del Servizio
sanitario da lui stesso disegnato.
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