mercoledì 21 novembre 2018

Piano regionale delle acque: un aggiornamento.




Che ci sia sempre da stare in guardia quando si tratta di gestione delle acque ormai è risaputo: lo sanno molto bene i 26 milioni di elettori che nel 2011 hanno votato per l’acqua pubblica e che ad oggi non hanno visto i risultati della loro volontà.
In commissione Ambiente, durante la discussione dell’aggiornamento del Piano delle acque, abbiamo infatti sventato un tentativo trasversale di abrogare il divieto di scaricare acque reflue industriali in acque superficiali utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile. Con un emendamento delle norme tecniche di attuazione del Piano (a questo link potete scaricare la versione del 2016 del piano. Fate attenzione che sono oltre 130 mb) presentato da Forza Italia e da LeU si tentava di eliminare il comma 2 dell’art 12 che recita: “Sono vietati gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile”. Una, non stento a definirla folle, volontà bipartisan che evidenzia sempre più l’interesse privato nella gestione di un bene comune prezioso come l’acqua certamente in barba al referendum del 2011 ma soprattutto in considerazione del contesto ambientale attuale caratterizzato sempre più dal rischio siccità ed emergenza idrica.

Il Piano delle acque della Regione Lazio ha l’obiettivo di delineare le azioni da intraprendere per raggiungere gli obiettivi di qualità dei corpi idrici dettati dalla Direttiva Quadro sulle Acque (DQA, 2000/60/CE).

Il Piano però contiene, a mio parere, numerose contraddizioni.

La prima riguarda il fatto che è in discussione una fotografia dello stato ecologico di fiumi, laghi e acque marine costiere obsoleta in quanto i dati raccolti nel Piano risalgono al periodo 2011 – 2014. Alla fine del 2018 si arriverà molto probabilmente all'approvazione dell’aggiornamento di un Piano delle acque che non ha nulla a che vedere con lo stato ecologico attuale delle acque regionali con il conseguente rischio che le misure programmate siano di fatto già superate, inutili, o peggio, inadeguate.

La seconda riguarda gli obiettivi prefissati dal Piano che dovevano essere raggiunti entro il 2015 così come dettato dalla DQA. Sinteticamente, per meglio fare comprendere, riporto quelli che sono gli obiettivi indicati dalla DQA:

·       Sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono";
L’assegnazione dello stato ecologico ai corpi idrici avviene attraverso fasi successive.
La fase I prevede l’integrazione tra elementi biologici e fisico-chimici.
Ad ogni indicatore biologico viene associata una classe. Anche agli elementi fisico chimici, attraverso l’indice LIMeco, viene assegnata una classe. Le classi variano tra: ELEVATO, BUONO, SUFFICIENTE, SCARSO e CATTIVO. (fonte: Arpa Marche)

·       Sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato";

·       Siano mantenuti o raggiunti gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici a specifica destinazione costituiti da:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
e) le acque ricadenti nelle aree protette siano conformi agli obiettivi e agli standard di qualità previsti dalla normativa.

Ovviamente stanti i dati disponibili, non possiamo sapere quale sia lo stato ecologico aggiornato. Possiamo però evincere che tali obiettivi non sono stati raggiunti nel 2015 e che la situazione è addirittura peggiorata. Confrontando lo Stato ecologico 2007 – 2014 (tabella in allegato), si rileva una diminuzione della classe ecologica per la maggior parte delle acque laziali, il che evidenzia un effetto nullo di qualsivoglia politica regionale di tutela delle acque. Questo ha, potenzialmente, la non trascurabile conseguenza di esporre la Regione Lazio a nuove procedure di infrazione da parte Europea.

Altro elemento critico riguarda il numero di stazioni di campionamento per il monitoraggio delle acque che sia dal sito ARPA Lazio sia dagli allegati tecnici al Piano si evince essere notevolmente inadeguato per definire il quadro conoscitivo nel Lazio. Basta pensare ai 16 laghi rappresentati da una rete di monitoraggio di solo 16 stazioni di prelievo (V. figura sottostante e in allegato). Per questo ho presentato un Ordine del giorno approvato in consiglio nel mese di settembre che impegni la Giunta ad aumentare il numero delle stazioni di monitoraggio.


Non si può evitare un passaggio sull'analisi finanziaria delle misure di conservazione della risorsa idrica la cui stima è 2444 milioni di euro su tutto il territorio regionale (V. tabella). Di questi circa 200 andrebbero destinati ai bacini idrografici della provincia di Viterbo: una cifra talmente elevata che difficilmente si vedrà spesa nei prossimi bilanci regionali.

Ritengo che un’adeguata gestione quali-quantitativa della risorsa idrica debba essere effettuata sulla base dei principi di economicità, efficienza e ecosostenibilità da tempo affermati nella norma regionale 5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque dove si attesta il principio di prossimità della gestione da realizzarsi secondo bacini idrografici regionali.
Ovviamente il Piano delle acque richiederebbe ulteriori approfondimenti che mi riservo di effettuare a breve e dei quali vi informerò prossimamente.



Allegati:

Link per approfondire: