Che
ci sia sempre da stare in guardia quando si tratta di gestione delle acque
ormai è risaputo: lo sanno molto bene i 26 milioni di elettori che nel 2011
hanno votato per l’acqua pubblica e che ad oggi non hanno visto i risultati
della loro volontà.
In
commissione Ambiente, durante la discussione dell’aggiornamento del Piano delle
acque, abbiamo infatti sventato un tentativo trasversale di abrogare il divieto
di scaricare acque reflue industriali in acque superficiali utilizzate o destinate
alla produzione di acqua potabile. Con un emendamento delle norme tecniche di
attuazione del Piano (a questo
link potete scaricare la versione del 2016 del piano. Fate
attenzione che sono oltre 130 mb) presentato da Forza Italia e da LeU si
tentava di eliminare il comma 2 dell’art 12 che recita: “Sono vietati gli scarichi di acque reflue industriali in acque
superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di
acqua potabile”. Una, non stento a definirla folle, volontà bipartisan che
evidenzia sempre più l’interesse privato nella gestione di un bene comune
prezioso come l’acqua certamente in barba al referendum del 2011 ma soprattutto
in considerazione del contesto ambientale attuale caratterizzato sempre più dal
rischio siccità ed emergenza idrica.
Il
Piano delle acque della Regione Lazio ha l’obiettivo di delineare le azioni da
intraprendere per raggiungere gli obiettivi di qualità dei corpi idrici dettati
dalla Direttiva Quadro sulle Acque (DQA,
2000/60/CE).
Il
Piano però contiene, a mio parere, numerose contraddizioni.
La
prima riguarda il fatto che è in discussione una fotografia dello stato
ecologico di fiumi, laghi e acque marine costiere obsoleta in quanto i dati
raccolti nel Piano risalgono al periodo 2011 – 2014. Alla fine del 2018 si
arriverà molto probabilmente all'approvazione dell’aggiornamento di un Piano
delle acque che non ha nulla a che vedere con lo stato ecologico attuale delle
acque regionali con il conseguente rischio che le misure programmate siano di
fatto già superate, inutili, o peggio, inadeguate.
La
seconda riguarda gli obiettivi prefissati dal Piano che dovevano essere
raggiunti entro il 2015 così come dettato dalla DQA. Sinteticamente, per meglio
fare comprendere, riporto quelli che sono gli obiettivi indicati dalla DQA:
·
Sia mantenuto o
raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei
l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di
"buono";
L’assegnazione dello stato ecologico ai corpi idrici
avviene attraverso fasi successive.
La fase I prevede l’integrazione tra elementi
biologici e fisico-chimici.
Ad ogni indicatore biologico viene associata una
classe. Anche agli elementi fisico chimici, attraverso l’indice LIMeco, viene
assegnata una classe. Le classi variano tra: ELEVATO, BUONO, SUFFICIENTE,
SCARSO e CATTIVO. (fonte: Arpa
Marche)
·
Sia mantenuto,
ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato";
·
Siano mantenuti o
raggiunti gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi
idrici a specifica destinazione costituiti da:
a) le acque dolci
superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque
destinate alla balneazione;
c) le acque dolci
che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei
pesci;
d) le acque
destinate alla vita dei molluschi.
e) le acque
ricadenti nelle aree protette siano conformi agli obiettivi e agli standard di
qualità previsti dalla normativa.
Ovviamente
stanti i dati disponibili, non possiamo sapere quale sia lo stato ecologico
aggiornato. Possiamo però evincere che tali obiettivi non sono stati raggiunti
nel 2015 e che la situazione è addirittura peggiorata. Confrontando lo Stato
ecologico 2007 – 2014 (tabella in allegato),
si rileva una diminuzione della classe ecologica per la maggior parte delle
acque laziali, il che evidenzia un effetto nullo di qualsivoglia politica
regionale di tutela delle acque. Questo ha, potenzialmente, la non trascurabile
conseguenza di esporre la Regione Lazio a nuove procedure di infrazione da
parte Europea.
Altro
elemento critico riguarda il numero di stazioni di campionamento per il
monitoraggio delle acque che sia dal sito ARPA Lazio sia dagli allegati tecnici
al Piano si evince essere notevolmente inadeguato per definire il quadro
conoscitivo nel Lazio. Basta pensare ai 16 laghi rappresentati da una rete di
monitoraggio di solo 16 stazioni di prelievo (V. figura sottostante e in allegato).
Per questo ho presentato un Ordine
del giorno approvato in consiglio nel mese di settembre che impegni la
Giunta ad aumentare il numero delle stazioni di monitoraggio.
Non
si può evitare un passaggio sull'analisi finanziaria delle misure di
conservazione della risorsa idrica la cui stima è 2444 milioni di euro su tutto
il territorio regionale (V. tabella).
Di questi circa 200 andrebbero destinati ai bacini idrografici della provincia
di Viterbo: una cifra talmente elevata che difficilmente si vedrà spesa nei
prossimi bilanci regionali.
Ritengo
che un’adeguata gestione quali-quantitativa della risorsa idrica debba essere
effettuata sulla base dei principi di economicità, efficienza e ecosostenibilità
da tempo affermati nella norma regionale 5/2014
“Tutela, governo e gestione pubblica
delle acque” dove si attesta il principio di prossimità della
gestione da realizzarsi secondo bacini idrografici regionali.
Ovviamente
il Piano delle acque richiederebbe ulteriori approfondimenti che mi riservo di
effettuare a breve e dei quali vi informerò prossimamente.
Allegati:
Link
per approfondire: