Al fine di ostacolare il proliferare di grandi centrali di produzione di energia su suolo agricolo ho presentato diversi emendamenti, tra cui la proposta di una modifica dell’istruttoria autorizzativa degli impianti fotovoltaici nel senso che il proponente che voglia installare tali impianti in aree agricole dovrà dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità di suolo agricolo pari a cinque volte la superficie adiacente interessata dalla realizzazione dell’impianto .Il predetto requisito non si applica ai progetti di impianti agrovoltaici che adottino soluzioni integrative con montaggio verticale dei moduli, nonché ai progetti di impianti solari fotovoltaici da realizzare su terreni abbandonati da almeno cinque anni; su aree dichiarate come siti di interesse nazionale; su discariche e lotti di discarica chiusi e ripristinati, cave o lotti di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento.”
Si è tenuto ieri il tavolo di confronto sul futuro delle Saline di Tarquinia organizzato dall’Assessore Regionale alla Transizione Ecologica Roberta Lombardi che ha visto presenti ministeri competenti, MITE e MiBACT, l’Agenzia de Demanio, il Nucleo Tutela della Biodiversità dei Carabinieri Forestali, l’Università della Tuscia ed il Sindaco di Tarquinia con l’obiettivo di fare il punto sulle azioni da intraprendere per il recupero del Borgo Ottocentesco e la conservazione della biodiversità dell’area umida. L’occasione è stata preziosa per concordare modalità e tempi per le fasi successive di lavoro che li vedranno impegnati nel definire in tempi brevi uno studio di fattibilità sulla riconversione e riuso del sito. Le Saline di Tarquinia sono un patrimonio unico da un punto di vista architettonico, storico e naturalistico con enormi potenzialità di sviluppo a scopo didattico, turistico recettivo e per il suo recupero va intercettato la “rampa di lancio” della transizione ecologica rappresentata dai fondi del Next Generation UE per questo sarò col fiato sul collo su Regione e Ministeri per ottenerne una fetta per il mio territorio.
Ho fatto inserire una 𝐦𝐨𝐝𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐋𝐞𝐠𝐠𝐞 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝟑𝟗/𝟐𝟎𝟎𝟐 “𝐍𝐨𝐫𝐦𝐞 𝐢𝐧 𝐦𝐚𝐭𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐫𝐢𝐬𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐟𝐨𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐥𝐢” per rivedere la definizione di faggeta depressa, ecosistemi forestali che nella nostra regione colonizzano quote fino a 300 m s.l.m. come nel caso delle faggete depresse del lago di Vico.𝐋𝐚 𝐍𝐨𝐫𝐦𝐚 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐞𝐯𝐚 𝐮𝐧 𝐞𝐫𝐫𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐧𝐚𝐜𝐜𝐞𝐭𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐩𝐨𝐧𝐞𝐯𝐚 𝐥𝐞 𝐟𝐚𝐠𝐠𝐞𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐬𝐨𝐩𝐫𝐚 𝐥𝐚 𝐪𝐮𝐨𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝟖𝟎𝟎 𝐦 𝐬.𝐥.𝐦. 𝐟𝐚𝐜𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐢 𝐢𝐥 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐧𝐨𝐫𝐦𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐢 𝐭𝐮𝐭𝐞𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐭𝐚𝐥𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐳𝐢𝐨𝐬𝐢 𝐞 𝐫𝐚𝐫𝐢 𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐦𝐢 𝐟𝐨𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐥𝐢. La proposta fa ora parte della legge 294 “𝗗𝗜𝗦𝗣𝗢𝗦𝗜𝗭𝗜𝗢𝗡𝗜 𝗖𝗢𝗟𝗟𝗘𝗚𝗔𝗧𝗘 𝗔𝗟𝗟𝗔 𝗟𝗘𝗚𝗚𝗘 𝗗𝗜 𝗦𝗧𝗔𝗕𝗜𝗟𝗜𝗧𝗔̀ 𝗥𝗘𝗚𝗜𝗢𝗡𝗔𝗟𝗘 𝟮𝟬𝟮𝟭 𝗘 𝗠𝗢𝗗𝗜𝗙𝗜𝗖𝗔𝗭𝗜𝗢𝗡𝗜 𝗗𝗜 𝗟𝗘𝗚𝗚𝗜 𝗥𝗘𝗚𝗜𝗢𝗡𝗔𝗟𝗜” approvata in Giunta.
Al fine di ostacolare il proliferare di grandi centrali di produzione di energia su suolo agricolo ho presentato diversi emendamenti, tra cui la proposta di una modifica alla legge regionale 16 dicembre 2011, n. 16 “Norme in materia ambientale e di fonti rinnovabili”, affinché in attesa dell’individuazione delle aree e dei siti non idonei all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili, sono privilegiate le richieste di autorizzazione di installazioni di impianti di produzione di energia eolica di ogni tipologia e di impianti fotovoltaici posizionati a terra nei paesaggi di continuità di cui al Piano territoriale paesistico regionale (PTPR).
La Regione Lazio deve adottare quanto prima gli atti e le procedure necessari a limitare drasticamente la dispersione delle acque nelle reti idriche e a ridurre il superamento dei livelli di arsenico nelle acque destinate al consumo umano su tutto il territorio regionale, investendo risorse per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti idriche esistenti e procedendo anche alla manutenzione straordinaria dei dearsenificatori già esistenti. Per questo ho presentato in Consiglio regionale un Ordine del Giorno, a seguito della Relazione informativa annuale della Giunta, relativamente alla partecipazione della Regione alle politiche dell’Unione Europea, che è stato accolto favorevolmente”.
“Al momento la Regione Lazio è coinvolta in ben quattro procedure di infrazione riguardanti le reti idriche, anche con grande dispendio del denaro dei contribuenti che invece potrebbe essere utilizzato in attività di manutenzione delle reti e di mantenimento della qualità delle acque. In particolare, la Commissione europea ha recentemente deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia per il mancato rispetto della direttiva sull’acqua potabile nella provincia di Viterbo, dove, in alcuni comuni, i livelli di arsenico e di fluoruro superano da tempo i livelli consentiti, con il rischio di causare seri danni alla salute dei cittadini”.
“Come riportato nella Strategia regionale per lo sviluppo sostenibile l’andamento negativo della regione nella gestione sostenibile dell’acqua è dovuto al peggioramento della dispersione idrica nella rete di distribuzione comunale, che passa dal 35,0% al 52,9% tra il 2005 e il 2015, attestandosi così su un valore nettamente superiore alla media italiana (41,4%). Per questo è fondamentale che la Regione attui, come linee d’azione prioritarie, il miglioramento della qualità attraverso la gestione dei suoli e dei soprassuoli, la riduzione delle perdite idriche, con attenzione alle infrastrutture di rete, nonché il miglioramento della gestione della risorsa idrica”.
“L’acqua è patrimonio dell’umanità, un bene comune e una risorsa fonte di vita insostituibile per l’ecosistema. L’accesso all’acqua deve essere riconosciuto come un diritto fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo”
E’ necessario che la regione Lazio adotti quanto prima gli atti e i regolamenti necessari per fermare drasticamente il consumo di suolo, attraverso una adeguata pianificazione e regolamentazione. Da qui l’ordine del giorno che ho presentato in consiglio regionale a seguito della Relazione informativa annuale della giunta, relativamente alla partecipazione della regione alle politiche dell’Unione europea.
Nel documento Strategia regionale per lo Sviluppo sostenibileè confermato il trend negativo della regione rispetto all’azzeramento di consumo di suolo annuale entro il 2050, in quanto è scritto che, almeno nel breve periodo, sebbene si riscontri una riduzione del consumo, questa “non sembra comunque sufficiente a raggiungere l’azzeramento nel 2050. Inoltre, dai dati rilevati, risulta che il territorio regionale è estremamente in ritardo nell’adottare adeguate soluzioni finalizzate alla drastica riduzione del consumo di suolo, in particolare nell’area metropolitana romana ma anche nelle altre province. Con l’Ordine del giorno si chiede di riqualificare, in via prioritaria, le opere edilizie ed infrastrutturali esistenti, laddove siano presenti nelle aree considerate; regolamentare le nuove opere edilizie ed infrastrutturali al fine di mantenere il suolo quanto più possibile libero da sigillature; aumentare le infrastrutture verdi a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità e pianificare le opere di desigillatura di superfici inutilmente lastricate.
L’Europa e le Nazioni Unite ci richiamano alla tutela del suolo, del patrimonio ambientale, del paesaggio, al riconoscimento del valore del capitale naturale e ci chiedono di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, nonché di allinearlo alla crescita demografica e di non aumentare il degrado del territorio entro il 2030. La messa in sicurezza del territorio regionale, sempre più vulnerabile ad eventi atmosferici, la difesa delle coste e del suolo, sono interventi realizzabili con tanti progetti e cantieri diffusi, che darebbero altresì lavoro per molti anni alle imprese della nostra regione. Tocca a noi, oggi, creare le concrete premesse per lasciare in eredità un territorio più sicuro, vivibile e fruibile per i nostri figli”.